Si va per le
vie di Brescia a piedi, in una sera quieta, mite e bella. La luna è appena una
falce, è come forse il Profeta avrebbe amato contemplare nei suoi deserti,
braccato com’era da Dio e da Jibrail il falco divino, che gli ingiungevano di
leggere, e lui non respirava, ecome un ebbro e un folle udiva l’insegnamento
delle rocce e degli alberi, e correva da Kadija la sposa dicendole ‘Coprimi,
nascondimi!’, e lei pietosa lo copriva, ma nessun mantello vela dallo Sguardo
implacabile.
La luna è proprio un taglio nel cielo,
questa notte, o forse è solo la tua palpebra richiusa.
La contrada
del Carmine è allegra e accogliente, pur con le sue ombre e i suoi dolori; un
parrucchiere cinese tiene aperto il negozio mentre scende il buio, e i clienti
sorridono e parlano forte.
Penso a come
sarà bello, nel chiostro di san Giovanni, vedere la luna. Magari mentre Michele
canterà la sua ultima canzone, che a un certo punto la nomina.
Un concerto
di Michele Gazich non è mai stato, per me, un concerto. Dire però che cosa sia,
non so bene. Un attraversamento. Una trasformazione. Una cosa per cui non sei
quello di prima, dopo. Una lotta con l’angelo. Un’iniziazione. Non so. Un
cammino. Un turno di guardia.
Oh, non sarà
nel chiostro che Michele suonerà, ma nel teatro adiacente, quindi niente luna o
quadrilateri di notte lucente: invece un sipario chiuso e poltroncine di
velluto. Lo sciamano, ruvidamente, gentilmente, intende infatti condurci nel
buio. Del resto era previsto: al buio la
musica è più forte. La falcetta di luna sul chiostro darebbe troppa luce,
troppa consolazione: la trasmutazione non si compirebbe. La pellicola dell’anima
esige la camera oscura per mostrare le immagini. Di buon grado, chinando il
capo – che però aveva sete di stelle - mi siedo. Ecco, si inizia
Con un tragico eccesso
inizia Michele.
[Amore, Amore! O Amore, che non sei né amato
né conosciuto! O anime create d'amore, e per amore, perché non amate l'Amore? gridava
Maddalena de’Pazzi, suonando a fuoco
d'amore le campane del convento. Non si fermava finché - fintamente,
dolcemente, per farla smettere di piangere, per arginare l’intollerabile
teopatia - tutti glielo promettevano. In
tali eccessi, accendeva scrive suor Costanza, sua consorella.] Con un
tragico eccesso inizia Michele: Perché la
vita non vive?
Michele ci
conduce nel buio profondo, nel cuore dolente della guerra civile. Ma ha sempre e comunque a che fare con gli angeli.
Tanto da contribuire a ricostruirne la casa, a L’Aquila, santa Maria degli Angeli. Un altro violinista – ma il
suo violino consisteva in due pezzi di legno sfregati fra loro – restaurò una
casa degli angeli sulla piana d’Assisi.
Gli angeli,
dunque: ma chi li immagina esangui, decorati d’ali dalle sfumature pastello,
non ha davvero idea. Non conosce colui che con la spada fiammeggiante protegge
i Progenitori da un tragico e impossibile ritorno edenico. Non sa dello
sterminatore dei primogeniti, fermato solo dal sangue sugli stipiti, prima e
unica vera mezuzah. Non comprende i
ruggenti cherubini effigiati sull'Arca, gli
angeli, gli arcangeli, le dominazioni, i troni, i principati, le potestà, le
virtù, le schiere eterne, i cherubini dai molti occhi, i serafini dalle sei
ali, che con due si coprono i piedi, con due la testa e con due volano, e che
dicono insieme a mille migliaia di arcangeli e a diecimila miriadi di angeli,
con voci che non cessano e mai tacciono: Santo, santo santo il Signore delle
schiere. E soprattutto non vede colui che piombò ad ali chiuse sulla
giovinetta di Nazareth, ghermendola d'ombra per l'Altissimo che la voleva, per
sé la voleva, per tutti, per il cosmo la voleva.
Jeder Engel ist schrecklich.
Sono gli angeli forti di Israele quelli che conversano nel buio con
Michele - nome anch'esso d'arcangelo - e col suo violino dalla cui cavigliera
pende argenteo il Magen Dawid. Sono gli angeli che frequentano i deserti e le
città solitarie di Giuda, che chiedono ospitalità avvolti dalla polvere, e
Michele è un po’ come loro, ha un corpo forte e solido, tutto il contrario di
un folletto branduardiano, e quando suona s'incurva e conficca i piedi a terra
come chiodi nel legno. I suoi sono angeli di fronte ai quali siamo noi gli evanescenti. Ecco perché non
sono fuori luogo laddove si impiccano i poeti, pronti a introdurli nella
grandezza che li attende; o presso il pont Mirabeau nell’aprile del ’70, dove un
imperdonabile ha bevuto il suo ultimo latte
nero dell’alba; o in una piazza vicina, così vicina, tanto vicina che
Michele può mostrarla a dito .
C dice che
Michele ha due voci, che raramente si sovrappongono: la prima è propriamente la
sua, generata dalle sue corde vocali, e che è come i lini usati con i quali
Péguy immagina gli angeli tergere le piaghe del crocifisso (Avec du linge bien fin. De lin. Mais un peu
usagé. Parce que c'est plus doux); la seconda è urlo, furia, passione, ed
è consegnata alle corde tese del violino. Come se la voce di parole arrivasse
fino a un punto, e poi dovesse dare la parola a quel grido che non ha ortografia.
A me sembra
invece che l'archetto sia brandito come un coltello sacrificale, teso verso
l'alto, mentre tiene fra le braccia il piccolo violino Isacco, e a un tratto il
pugnale cade - non essendo stata presentata alcuna vittima vicaria - e fra Isacco e il coltello c'è il cuore di
Abramo, che immancabilmente viene trafitto e sanguina e muore, quasi muore.
Ma.
Nel punto più
buio della notte anche Michele sente che c’è bisogno di respiro. La parola e la
musica è offerta agli amanti (e come sempre agli angeli). Francesca e Marco
sono mediatori efficacissimi e silenziosi, arde però il loro sguardo al pari
dei loro suoni, ardono i loro gesti di delicatezza e di forza. Per un attimo
penso (e forse spero) che al termine della custodia
in nocte Michele voglia deporci fra le mani un grano di luce. Non accade, non siamo nel chiostro alla luce
consolante della luna crescente. Si termina con un eccesso: quando muori, non morire.
Perché la vita non vive? Quando muori non morire. I due eccessi formano un’inclusione: all’interno
la bellezza e lo strazio, l’amore e la vertigine, il pianto e il canto. Fuori
la notte è tiepida, e il ritorno come un volo. Per i cristiani d’oriente è la
vigilia dell’Episozomene, quando il
Teantropo ascendendo al cielo penetrò fino alle radici dell’Essere. Ecco cos’era
il concerto di Michele, ora lo so: una liturgia.